Come sta andando il Covid a Madrid, dove i locali hanno riaperto (per fare un torto al governo)

Come sta andando il Covid a Madrid, dove i locali hanno riaperto (per fare un torto al governo)


«Penseresti che esiste una pandemia in questo momento?», osserva Monica Boromello, una scenografa italiana, all’uscita del Teatro Español dove ha appena assistito alla prima della commedia “Ira” di Dan Jemmet. Da più di dieci anni Monica lavora a Madrid, ma è stupita di fronte alla movida di Plaza de Santa Ana, ritrovo serale della capitale spagnola. Mentre Francia, Belgio, Italia impongono dure misure di confinamento, madrileni e turisti si ritrovano nelle terrazze dei bar, scherzano tra i tavolini distanziati, sorseggiano un gin tonic, si abbracciano. Esattamente un anno fa la Spagna era sull’orlo del collasso: il 29 marzo 2020 si registrava un record di 838 morti, i pazienti venivano collocati sui pavimenti degli ospedali, il tasso di decessi era secondo solo a quello italiano. Il medico Ana Giménez dell’ospedale Infanta Leonor di Madrid denunciava allora il calvario vissuto da medici e malati.

Oggi questo sembra solo un lontanissimo incubo. Eppure le cifre del Ministero della Salute non sono rassicuranti: il 1° aprile nella regione di Madrid, epicentro della pandemia con 14.564 morti ufficiali, si registra un’incidenza di 279 casi su 100.000 abitanti in due settimane, un record in Spagna. Dopo il calo di inizio marzo, la curva dei contagi giornalieri in molte regioni sta risalendo, mentre le vaccinazioni procedono a rilento.

Sbarcare nella capitale spagnola suscita uno strano effetto, la sensazione di ritrovarsi in un paese alieno. All’arrivo in aeroporto alcuni ragazzi seduti ai tavolini di un bar giocano a carte tra i gate senza mascherina. Una volta presentato il questionario obbligatorio con i propri dati, si riceve una mail automatica: «Benvenuto in Spagna, se durante il suo soggiorno nel nostro paese ha sintomi compatibili con il Covid-19, rimanga nel suo alloggio e telefoni ai servizi sanitari della comunità autonoma che ha indicato nel modulo di controllo sanitario, Comunidad de Madrid telefono: 900102112». Il disagio è immediato, come quello di uno spettatore che andasse ad ascoltare un concerto sul Titanic che affonda in pieno oceano, al quale vengono fornite istruzioni su come usare il salvagente.


La regione autonoma di Madrid, motore economico del paese, è presieduta da vent’anni dalla destra del Partito Popolare. A ottobre, Isabel Diaz Ayuso, alla guida della regione dal 2019, accusava il presidente spagnolo Pedro Sanchez di instillare «paura» per tenere la gente «sottomessa». Nello stesso periodo il governo ha dichiarato lo “stato d’allarme federale” per la sola regione di Madrid, epicentro spagnolo della pandemia, rapidamente esteso a tutto il paese fino al 9 maggio. La competenza della gestione del virus è così passata alle regioni: la Comunidad de Madrid è stata l’unica a scegliere di tenere tutto aperto. A gennaio la terza ondata ha imposto la chiusura anticipata dei locali alle 21, ma da febbraio il coprifuoco è alle 23. In nome della “libertà”, tutte le attività commerciali sono aperte, ma anche i luoghi culturali come teatri, cinema, musei.

Perché Madrid è l’unica città in Europa ad adottare una politica liberale estrema in piena pandemia? Le ragioni sono politiche, oltre che economiche. La libertà di fare un aperitivo in compagnia non è solo fonte di promozione turistica, ma soprattutto uno strumento di propaganda. «Il popolo di Madrid dovrà decidere tra il socialismo o la libertà», ha dichiarato il 10 marzo la presidente Ayuso annunciando la convocazione delle elezioni regionali. Una crisi politica è scoppiata dopo che il partito alleato Ciudadanos ha presentato una mozione di sfiducia contro il Partito popolare nella regione di Murcia, con il rischio di ripetere la manovra anche a Madrid. Pablo Iglesias, vicepresidente del parlamento e leader del partito di sinistra Podemos, si è subito dimesso per sfidare Ayuso. L’obiettivo dichiarato è quello di salvare la capitale dall’estrema destra, ma potrebbe anche essere una via d’uscita dalla prima linea. I toni della campagna sono molto accesi. In tv Ayuso ha dichiarato «se ti chiamano fascista vuol dire che stai facendo bene, che sei nel lato buono della storia».


Nonostante le politiche di apertura, i cittadini di Madrid sono scontenti. Il divieto alla mobilità tra regioni impedisce loro di raggiungere città come Toledo, a un’ora di distanza, mentre i turisti internazionali possono sbarcare alle Baleari o nella capitale. Per Paloma, 25enne studentessa in turismo, «gli spagnoli si sentono offesi, sembra uno scherzo», e osserva «a Madrid i giovani hanno perso la paura». Perché rispettare le regole, se agli stranieri tutto è concesso? Di giorno nessuno osa togliersi la mascherina, le strade sono pattugliate in permanenza, mentre la notte è agitata dal suono continuo delle sirene della polizia che si occupa di sventare circa 400 feste illegali nei weekend. Le immagini televisive di giovani turisti francesi che bevono per strada senza mascherina sono oggetto di campagna. Monica Garcia, candidata alle regionali di Madrid del partito di sinistra Mas Madrid, ha accusato la presidente Ayuso di alimentare «un turismo alcolico». Il medico Ana Giménez osserva: «le questioni di apertura delle attività o della vaccinazione sono oggetto di scontri tra il governo centrale e la regione di Madrid, siamo stanchissimi. Non c’è un discorso chiaro e trasparente da nessuna parte. A nessuno importa quello che sta succedendo, non c’è una vera preoccupazione per la gente, è una lotta politica ripugnante sulla pandemia».

Durante la Settimana Santa, i contrasti politici ed ideologici emergono a Sol, centro della capitale animato da ragazzi e adulti venuti a fare shopping. Il 31 marzo, giornata internazionale della visibilità transgender, qui si tiene un raduno di persone “non binarie”, ragazzi intorno ai 20 anni dai capelli rosa, gialli, verdi. Poco distante, Maria, 62 anni, sta facendo una lunghissima coda con due amiche per poter «toccare la statua del Cristo» nella Chiesa di Nostra Signora del Carmen, come avviene in molte altre chiese della città, essendo vietate le processioni pasquali.

La sera bar e ristoranti si riempiono. Domenico e Federico, studenti italiani Erasmus 25enni, sono arrivati tre mesi fa dalla Puglia e dalla Calabria. «Qui è come se il Covid-19 non esistesse», racconta contento Federico mentre addenta un hamburger in un fast food della catena americana “Five Guys”. Si presentano porgendo la mano e sono sorpresi quando gli si oppone il gomito. Domenico racconta: «La settimana scorsa abbiamo organizzato una festa con 40 persone nel nostro appartamento, non c’era spazio in casa così ci siamo seduti sulle scale, abbiamo bevuto e cantato. La polizia poi ci ha spinti fuori dall’appartamento».


Molti ragazzi si sono trasferiti nella capitale spagnola per lavorare, come alcuni funzionari internazionali italiani con sede a Parigi. Piera, Fabio e Domenico hanno affittato insieme una casa su Airbnb per fare co-living e smartworking. La sera intorno ad un tavolo di tapas a Lavapiès, quartiere popolare e turistico di Madrid, Fabio racconta: «Abbiamo la fortuna di poter lavorare da remoto, qui possiamo avere una vita quasi normale, respirare un po’». La possibilità di andare al ristorante o a teatro dopo il lavoro è allettante. Piera osserva: «Stiamo provando una nuova esperienza di condivisione senza lo stress dell’ufficio». Anche Yuan, ragazza cinese di 27 anni, ha fatto la stessa scelta. Si occupa di media monitoring per una grande azienda francese, a gennaio si è trasferita a Siviglia e poi a Madrid. Attraversando Plaza Mayor racconta: «Questo nuovo modo di lavorare mi ha cambiato la vita, non posso più immaginare di riprendere la metro tutti i giorni per andare in ufficio». A Siviglia ha provato anche a fare dei corsi di flamenco la sera dopo il lavoro, dice, ma preferisce decisamente la salsa.

Eppure l’arrivo di turisti e lavoratori non ha risanato il problema economico. Come in altri bar, i tavoli ridotti all’aperto del Café de Oriente, locale di riferimento di fronte al Palazzo Reale, sono tutti occupati, ma una parte degli impiegati sono in cassa integrazione. Per Esteban, guida turistica freelance di 43 anni, il lavoro è diminuito del 90% rispetto all’anno scorso: «Lavoro quasi solo nel weekend con turisti madrileni». Anche i tablao, locali di flamenco, stanno soffrendo: l’anno scorso 6 dei 22 tablao di Madrid hanno chiuso i battenti. Per alcuni rispettare le misure di sicurezza di 1,5 metri tra i tavoli e il 50% di capacità rende i costi insostenibili. Chiuso per otto mesi, da novembre il tablao Cardamomo è un’eccezione: propone una decina di spettacoli a settimana contro 28 prima della pandemia. Per la danzatrice Lisi Sfair «è una fortuna poter continuare ad esibirsi in uno dei pochi tablao ancora aperti, ma il morale nel mondo del flamenco è abbastanza basso».

I musei sono aperti da giugno. Il Museo Reina Sofia è rimasto chiuso solo a inizio gennaio durante l’insolita tempesta di neve “Filomena”. Nelle sale ci si può muovere liberamente: si possono apprezzare Guernica di Picasso o la Mattanza degli Innocenti di Rosario de Velasco in tutta tranquillità. Visitare un museo è quasi commovente: al Museo del Prado la mostra temporanea “Passioni mitologiche” è una pausa quasi surreale dalle insidie dell’attuale gestione della pandemia. I corpi tondeggianti delle dee e dei satiri dipinti da Tiziano, Rubens o Velázquez proiettano l’immaginazione altrove. Si incontrano moltissimi ragazzi: Josef Wagner, 21 anni, studente tedesco Erasmus alla facoltà di teologia di Madrid e aspirante prete, discute al bar del museo con i suoi due fratelli arrivati per le vacanze di Pasqua da Ausburg, in Baviera: «Qui la situazione è sicura e sotto controllo, si vive come prima». Alcune studentesse del liceo scientifico di Getafe, a sud di Madrid, si aggirano incuriosite nel negozio di gadget. Arcele, 17 anni, racconta: «Appena si potrà, voglio andare in spiaggia e viaggiare a Londra!», mentre Sandra sorridendo confessa: «A volte mi dimentico che il virus esiste, se non fosse che siamo costretti a portare una mascherina».

A Madrid molti ragazzi riscoprono esperienze antiche, protagonisti ignari di una campagna elettorale insidiosa, tra gin tonic e ripresa dei contagi.



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